Fiabe africane. L’uomo e il serpente

 

progetto, regia e narrazione Valerio Gatto Bonanni
musiche originali Jacopo Mosca e Anatole Thane
aiuto regia Marco Perfetto e Federica Fiorenza
scenografia Federica Fiorenza
produzione SemiVolanti organizzazione Aidoru Associazione
Si ringrazia il Teatro Valdoca/progetto Officina Valdoca

 

Il cantastorie africano viaggiava e spesso approdava nei grandi mercati, crocevia di merci e di possibilità, e lì si formavano capannelli di persone che aspettavano storie di terre lontane. Ascoltavano vicende che rimandavano ad antichi regni, a spiriti troppo invecchiati per essere ancora venerati, storie con la loro morale ironica. A noi di questo vissuto non restano che ombre, percezioni, mani sporche di grasso di capra (che gli uomini africani usano per abbellirsi).
Sono storie che vengono avvertite ma non decifrate nei loro codici simbolici ed è per questo che, per quanto paradossale possa sembrare, la loro estraneità la rivela a noi: il rito teatrale, condiviso dal pubblico, è il mediatore di questa evocazione, con i suoi suoni ritmati, cantati, o da nenia beffarda.
In scena circondano il narratore/evocatore pochi essenziali oggetti: piccole candele, stoffe e tessuti, maschere e bastoni sonori con i quali l’attore evoca i suoi personaggi. Le fiabe hanno un finale brusco e mai consolatorio, ma spesso così terminano: “Questa la mia storia che ho narrata, sia bella o non sia bella, portatene un po’ altrove, e un po’ lasciate che torni a me”.
L’uomo e il serpente approfondisce l’esperienza fatta durante un laboratorio teatrale in una scuola elementare: le fiabe con la loro struttura narrativa, le vicende affrontate e i personaggi sono parte di un mondo mitico, di archetipi, che hanno la possibilità di affrontare tematiche forti, di “iniziare” i bambini alla vita senza scatenare traumi.
Se noi poniamo questi elementi e li sommiamo a dei racconti africani, che non ci appartengono, che vivono in un’altra cultura, e che propongono altri modi di vedere la natura, di cucinare il cibo, di abitare una casa, affrontare il corso della vita giorno per giorno con le sue divinità, i suoi paesaggi aspri, ecco che queste fiabe si caricano di un senso fortissimo. Si fanno portatrici di una Cultura, offrendo una conoscenza non superficiale di quelle popolazioni.
Hanno partecipato alla definizione del lavoro diverse persone, che con la loro professionalità hanno contribuito a rendere preciso e accurato lo spettacolo: un’insegnante elementare, per la scelta delle storie e per l’aspetto pedagogico; un suonatore e danzatore della Costa D’Avorio, per la parte musicale e coreografica; un attore e musicista, per l’assistenza alle scene e alla fonica; una scenografa/decoratrice, per gli interventi sullo spazio; un sound engineer, per la creazione delle musiche.

 

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video di Giuliana Liberatore

foto di Dino Maglie

 

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